Una nuova luce inizia a brillare
Ogni chiamata comprende sempre un passaggio dal buio alla luce.
Passaggio caratterizzato da difficoltà e da grazie particolari attraverso le quali il Signore prepara le persone alla nuova missione.
Come già accennato, dopo la morte di mia mamma, il 10 febbraio 1997 sono andato a Cuneo, al centro Missionario di Don Gasparino per vivere quella Quaresima nel clima del “deserto”.
Cos’è maturato in quella Quaresima di preghiera?
E’ ritornata a galla quella chiamata ad iniziare un’opera nuova, che con Teresina e i giovani avevamo già sentito nel 1982. Ma questa volta si è fatta sentire proprio con chiarezza, con forza, anzi quasi con prepotenza.
Cogliendo e analizzando i segni che Dio ci aveva dato in tutta la nostra esperienza precedente, ci siamo resi conto che ciò che noi portavamo in cuore era un “qualcosa di nuovo”, non sempre facile da capire e da accettare da parte delle realtà ecclesiali tradizionali impostate diversamente e questo “qualcosa di nuovo” non andava mimetizzato, confuso o mescolato con le altre realtà, ma doveva venir fuori così come Dio ce l’aveva fatto capire e vivere. Ci rendevamo anche conto delle difficoltà che ci attendevano e che ci sarebbe stato da versare “sangue dell’anima”: ma questo non ci spaventava; noi davamo a Dio la nostra disponibilità sicuri che sarebbe venuto fuori ciò che era nei piani di Dio. Scrivevo il 18 febbraio ’97: “E’ inspiegabile umanamente il coraggio, la forza, l’entusiasmo interiore, la pace, la fede, la gioia e anche la luce (anche se non piena) che sento: mi sembra di poter dire che tutto questo viene dallo Spirito Santo e non dall’uomo, dalla carne o dal sangue”…
Ma cosa bolliva in pentola, cioè nel nostro cuore ?
Cos’era quel “qualcosa di nuovo” che voleva e doveva venir fuori ?
Noi avevamo nel cuore i giovani. Tornati dall’India avevamo trovato un’Italia diversa da quella che noi avevamo lasciato; soprattutto ci aveva sconcertato il fatto che per i giovani non ci fosse proprio più nessuna iniziativa di formazione cristiana: per loro restava solo una scuola in decadenza e la discoteca.
Noi sentivamo forte in cuore di offrire loro una Comunità che li accogliesse non tanto per giocare, quanto piuttosto per fare insieme un cammino di fede, di formazione ai valori veri. Inoltre tradizionalmente i ragazzi erano seguiti dai sacerdoti, le ragazze dalle suore.
Oggi giorno i giovani si presentano insieme ragazzi e ragazze, bisogna accoglierli insieme, insegnare loro - con una illuminata coeducazione e con la nostra testimonianza – a vivere insieme nella semplicità, nella purezza, nella gioia e nel dono di sé, capaci di amore vero, fattivo e concreto, pronti al sacrificio, in modo da essere preparati ad affrontare la vita e a costruire una famiglia. Inoltre, siccome nella società di oggi non si vede più la famiglia cristiana è importante che in quest’opera di formazione, con noi consacrati e consacrate, ci siano anche delle famiglie che condividano la nostra missione in modo che i giovani possano rivedere la famiglia cristiana e sperimentare dal vivo la vita che Gesù ci ha portato vissuta nella comunità come in una piccola Chiesa.
Ci rendevamo anche conto che tutto questo che noi sentivamo in cuore era una nuova impostazione di vita e necessitava di un contesto nuovo, per cui avrebbe comportato per me lasciare la mia Congregazione; del resto anche il Vangelo diceva che il vino nuovo rompe gli otri vecchi ed è necessario mettere “vino nuovo in otri nuovi” (Mt 9,17). Ma quel Gesù che ci chiamava a tutto questo, ci avrebbe spianato la strada. Scrivevo il 28 febbraio ’97: “Una cosa che mi sorprende dolcemente (sento tutto l’amore della Madonnina) è che pian piano, nel silenzio e nella preghiera, a poco a poco Dio si manifesta e gli orizzonti si rischiarano quasi per incanto”.
Terminata la Quaresima, ho passato le feste pasquali a casa mia e ai primi di aprile con Teresina siamo andati alcuni giorni da Madre Paola, Suora Domenicana di Iolo, vicino a Prato. Con lei, che da anni ci conosceva molto bene, abbiamo condiviso quanto avevamo in cuore e pregando con lei, insieme al gruppo del Rinnovamento, il giorno 7 aprile, - festa dell’Annunciazione – nella preghiera sono venute fuori queste parole: “Ho pianto lacrime di sangue per radunare i miei figli sparsi nel deserto” e ancora: “Ho pianto lacrime di sangue per radunare i figli che non ho più”.
Lì abbiamo capito: i figli che la Madonna oggi non ha più sono i giovani, le giovani famiglie; Maria ci chiamava a riportarLe i figli che non ha più: proprio quei giovani che noi abbiamo sempre avuto in cuore. Ancora nella preghiera è emerso il nome di Mons. Grillo: allora abbiamo capito che dovevamo scendere a Civitavecchia per incontrarlo e dirgli tutto quanto avevamo in cuore e l’esperienza che stavamo vivendo.
Nelle foto
in alto: la cappella del Centro Missionario di Don Gasparino
al centro: la casa delle Suore Domenicane, Iolo (Prato)
in basso: Madre Paola Collotto che ci ha guidato in quei giorni particolari