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LA PAROLA
DEL MESE

NELLA MISURA IN CUI PARTECIPATE ALLE SOFFERENZE DI CRISTO, RALLEGRATEVI PERCHÉ ANCHE NELLA RIVELAZIONE DELLA SUA GLORIA, POSSIATE RALLEGRARVI ED ESULTARE”

(1PT 4, 13).

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Dalla Sardegna... all'India

All’inizio non è stato facile, perché spesso questi bambini erano lasciati soli in casa e a scuola non andavano. Così iniziammo un’opera di convincimento delle mamme di questi bambini per far si che, prima di uscire di casa, li accompagnassero a scuola.
I bambini erano spesso denutriti e così, ogni volta che tornavo in Italia per rinnovare il visto (una volta l’anno), andavo a chiedere soldi a destra e a manca per poter acquistare delle mucche così da poter avere tutti i giorni del latte da dare loro. Col tempo mi accorsi che, nonostante tutti i giorni dessimo il latte a questi bambini, alcuni non li vedevamo crescere. Così comprammo una bilancia per verificare oggettivamente quali fossero i bambini che non crescevano e cosi scoprimmo che alcuni papà obbligavano le mamme a vendere il latte. Alcuni di loro li abbiamo anche portati in ospedale, pagando noi le cure, Dio solo sa quanti ne abbiamo seguiti e assistiti.


Pian piano abbiamo poi formato un gruppo di giovani chiamato “Jeeva Vakya”: per loro era una novità l’essere ragazzi e ragazze insieme, ma subito capirono lo spirito di fraternità che ci animava. Insieme a loro vivevamo la “Parola di Vita”, il commento ad un brano della Bibbia fatto da Chiara Lubich che ogni mese ci arrivava dal Movimento dei Focolari. Poi si è formato anche un gruppo di famiglie che tutte le domeniche veniva agli incontri di catechesi.
Preparammo, anche molti Indù a ricevere il Battesimo, con un cammino che durava un’anno per due volte la settimana. I battesimi, poi, li celebrava il Parroco di notte, in quanto le “conversioni”, in India, non sono viste di buon occhio.


Tutte le attività che facevamo erano sempre in accordo con la Parrocchia di appartenenza, non abbiamo mai fatto un passo senza essere prima in accordo con il Parroco.
Una volta Padre Sergio, durante le catechesi preparatorie per la prima Comunione, mi chiese di donare la mia testimonianza di come io avevo vissuto la mia prima Comunione. Io all’inizio non fui molto convinta in quanto io parlavo in Italiano, Padre Sergio traduceva in Inglese ed un chierico traduceva in lingua locale: la cosa mi sembrava un po’ complicata. Ad un certo punto, era talmente forte l’esperienza che stavo donando loro e altrettanto forte era l’unità che stavano facendo a me, che i traduttori mi lasciarono continuare in Italiano. Alla fine Padre Sergio chiese loro cosa avessero capito di quello che aveva detto “mamma” (era è il nome con cui mi chiamavano in India) nonostante avesse parlato in italiano. Ad un certo punto si alza una signora e dice nel proprio dialetto: “Ho capito che Mamma ci ha comunicato tutto l’amore di Gesù Eucaristia per lei, e tutto l’amore di lei per Gesù Eucaristia”. Non c’era stato bisogno della traduzione, lo Spirito Santo aveva parlato al cuore di quelle persone.


La notte del 1° agosto 1996, Padre Sergio si sentì male, e dovemmo così portarlo di corsa in ospedale. Erano calcoli renali, pian piano capimmo che dovevamo tornare in Italia. E’ stato un grande dolore perché noi non pensavamo, né ci aspettavamo di dover tornare.
La sera della partenza non me la dimenticherò più: un cortile pieno di gente, pieno di tutte le persone che con amore avevamo seguito in quegli anni, grandi e piccini, che piangevano e dicevano: “Mamma torna! Padre torna”. Abbiamo fatto tutto il viaggio per l’Italia piangendo e pensando a tutta la gente che avevamo lasciato…ma nel cuore avevamo la speranza che un giorno li avremmo riabbracciati.
Siamo ritornati in India dopo dieci lunghi anni, e adesso ci torniamo ogni anno, per incontrare questi figli (adesso grandi) che abbiamo cresciuto in quegli anni e che tuttora continuano il cammino spirituale allora cominciato.
Questa esperienza dell’India me la porto nel cuore, sono stati proprio anni meravigliosi, i più belli della mia vita, anche se non ho potuto abbracciare mio papà, che è morto nel 1994 proprio mentre ero in India. Mia madre stessa, al telefono, mi disse che non avrei fatto in tempo a rivederlo, in quanto lo avrebbero seppellito prima che io facessi in tempo a tornare in Sardegna e che, dato che ormai non avrei potuto fare niente per lui, potevo rimanere in India pregando e facendo del bene a molte altre persone. Ed anche li ho potuto vedere la grandezza di mia madre, che in quel momento di lutto, ha saputo “perdermi” divenendo anche lei dono per i poveri.

Grazie Gesù e grazie Maria per questa esperienza.

Continua ...