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LA PAROLA
DEL MESE

NELLA MISURA IN CUI PARTECIPATE ALLE SOFFERENZE DI CRISTO, RALLEGRATEVI PERCHÉ ANCHE NELLA RIVELAZIONE DELLA SUA GLORIA, POSSIATE RALLEGRARVI ED ESULTARE”

(1PT 4, 13).

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gen-dic 2018Giornalino 2015

Teresina ospedaleDissi a Betty: “Andiamo e speriamo di trovare l’autobus”. Grazie a Dio l’autobus c’era ed io feci tutto il viaggio di ritorno piangendo, avevo in mente padre Sergio e i suoi “no” che nel mio cuore si trasformavano in “si”. Vedendomi piangere si avvicinò una suora che era sull’autobus e ci invitò a sederci accanto a lei. Era del mio paese e sapeva di padre Sergio. Io gli raccontai che ero andata a trovarlo e che era molto grave e che sembrava stesse morendo, così pregammo insieme il Rosario fino a casa. Ad un certo punto, non so per quale motivo, scesi alla prima fermata del paese, quando per me sarebbe stato più facile scendere all’ultima, che era vicino casa mia. Lasciai Betty sull’autobus in quanto anche per lei era più comoda l’ultima fermata. Appena scesa incontrai un’altra ragazza del gruppo, Paola M., che subito, vedendomi in lacrime, mi abbracciò. Io le dissi che padre Sergio stava morendo e le chiesi di accompagnarmi a casa. Arrivati a casa entrammo in camera mia e pregammo. Io dentro di me pregai per tutti i giovani del gruppo e mi sentii spinta ad offrire al Signore la mia vita per padre Sergio, sentendo nel mio cuore di essere pronta a morire al posto suo. Così, in silenzio, ho detto il mio “sì” e mi sono offerta a Dio per lui.


Il 25 marzo, festa dell’Annunciazione, padre Sergio fu nuovamente trasportato all’ospedale di Iglesias, le sue condizioni iniziarono a migliorare e il 27 aprile uscì dall’ospedale e ricominciò a fare gli incontri con i giovani. Alcune volte andavamo noi a S. Anna di Marrubiù dove risiedeva, altre volte, veniva lui a San Sperate. Io nel mio cuore aspettavo sempre la mia morte fisica al posto suo, perché era questo quello che avevo offerto al Signore. Ma, col passare del tempo, capii che il Signore forse non mi chiedeva tanto di morire fisicamente, quanto di dare la vita ogni giorno per quel sacerdote che Lui mi aveva messo accanto per quei ragazzi. In seguito capii che quel sacerdote non poteva essere padre spirituale dei miei ragazzi, generati nel dolore, se non fosse stato padre spirituale anche per me che li seguivo come fossero stati miei figli. Ogni estate facevamo il campo di lavoro in collaborazione con i Missionari Saveriani, preparandoci un mese prima, dividendoci in piccoli gruppi, con momenti di preghiera e di volantinaggio per far sapere che avremmo fatto una raccolta di carta, vetro e stracci il cui ricavato era destinato alle missioni. Ogni giorno, durante il campo, andavamo in una zona del paese a fare questa raccolta mentre le mamme preparavano il pranzo. Nel 1982 il campo di lavoro era stato organizzato insieme ai giovani che padre Sergio seguiva a S. Anna e, dato che io al mattino lavoravo al negozio di mio fratello, era lui da solo che seguiva i ragazzi. Un giorno gli feci pervenire un biglietto in cui chiedevo delle preghiere e quando all’ora di pranzo raggiunsi i ragazzi, padre Sergio mi fece delle domande ed io , spontaneamente gli raccontai tutta la storia di quando ero andata a trovarlo con Betty e di quel che era successo dopo. Attorno a noi tutti stavano mangiando, ma noi eravamo talmente presi dalla nostra conversazione che non abbiamo pensato a mangiare. Anche Paola M., la ragazza che quel giorno mi aveva accompagnato a casa, commossa, disse che, pregando con me in camera, aveva sentito in cuor suo che stava succedendo qualcosa di grande, ma non aveva capito cosa fosse. Padre Sergio rimase molto colpito da quell’episodio tanto che io pensai che forse sarebbe stato meglio aver conservato quel segreto nel mio cuore.


Sergio TeresinaDopo qualche giorno, il primo agosto 1982, nel pomeriggio era in programma, dopo la Messa, lo spettacolo di fine campo. C’era tanta gente e molti parenti dei nostri ragazzi. Padre Sergio, prima della Messa, si avvicina a me e mi dice: “Teresina, oggi, durante la consacrazione, ci offriamo a Dio, e diciamo questa frase…”. Dopo che lui se n’è andato io mi sono dimenticata la frase, ma ho capito il senso: che mi dovevo offrire insieme a lui per questo cammino che il Signore ci stava facendo fare insieme. Così, nel momento della consacrazione mi offrii al Signore per tutti i nostri ragazzi, pronta a tutto per il cammino e il disegno che Dio voleva da noi. Andai quindi a ricevere la Comunione e quel giorno mi colpì il fatto che a me toccò un pezzo dell’ostia grande che il sacerdote usa per la consacrazione. Dopo aver preso l’ostia, mi girai e mi sentii mancare le forze; non ci vedevo più e mi accasciai tra le braccia di Ivana, mia nipote che era dietro di me. Fui presa e adagiata su un lettino e fu chiamato il medico. Padre Sergio si avvicinò a me per farmi coraggio e pregammo insieme in attesa del medico. Quando arrivò il dottore consigliò subito di portarmi al pronto soccorso e così fui accompagnata in ospedale da mia madre insieme ad una zia ed un cugino che guidava la macchina. Prima di andar via dissi a padre Sergio di andare comunque avanti con lo spettacolo.

Durante il percorso per l’ospedale pregammo insieme ed arrivati al pronto soccorso mi fecero una serie di esami, ma senza esito. Dato che era domenica, decisero di non ricoverarmi a condizione che fossi tornata il giorno dopo. Mi dissero che sarei dovuta stare tranquilla, riposare, e se avessi avuto altri sintomi, di tornare subito al pronto soccorso. Mia mamma però, per tranquillizzare i ragazzi che mi avevano visto andar via in quelle condizioni, mi disse che avremmo fatto meglio a passare a salutarli e a rassicurarli. Quando mi hanno vista tornare ho letto nei loro volti tanta, tanta gioia. Lo spettacolo era quasi terminato e loro lo avevano fatto al meglio, perché volevano offrirlo per me. Dopo quel primo di agosto, attraverso la nostra preghiera e quella dei ragazzi, abbiamo capito tante cose, che portiamo ancora nel cuore. Quei due gruppi di ragazzi (quelli di padre Sergio e i miei) dovevano diventare un unico gruppo, un'unica famiglia. Dovevamo continuare il cammino insieme, poiché ci siamo accorti che il Signore per loro aveva preparato non solo un padre spirituale ma anche una madre spirituale, e tutti e due i gruppi avevano bisogno di questa paternità e maternità verginale. Il Signore aveva scelto anche me, una persona di poca cultura per poter essere Lui a guidare tutto, ed io dovevo essere soltanto la “scopa”, e questo penso di averlo fatto.

Continua ...

Nelle foto
in alto: Teresina rientra dall’ospedale e saluta i giovani.
in basso: Teresina appena rientrata dall’ospedale, vede con Padre Sergio la conclusione dello spettacolo del 1° agosto